A chi non piace la scuola pubblica?
Ai tiranni
28 febbraio 2011
Il recente attacco all’istruzione pubblica, la discriminazione verso le coppie di fatto, la retorica sulla sacralita’ della vita: Berlusconi offre il suo cadeu al Vaticano per cercare di recuperare quel consenso che la pratica del bunga bunga gli ha alienato Oltretevere.
Le parole offensive verso la formazione statale -dove a dire del premier si annidano pericolosi “professori che cercano di inculcare principi contrari a quelli delle famiglie”- assume però un valore particolare.
Diciamo anche una pericolosità specifica. Sul fronte della formazione pubblica si gioca, infatti, una battaglia importante all’interno della partita autoritaria di questo esecutivo, come accade in ogni regime autocratico che si “rispetti”.
Cosa c’è di più minaccioso delle coscienze critiche, soprattutto giovanili, per chi tenta di mistificare la realtà politica e sociale, piegandola al servizio dei suoi interessi giudiziari?
Cosa c’è di più minaccioso delle coscienze critiche, soprattutto giovanili, quando diventano impermeabili al modello imposto dal berlusconismo: quello del “produci, consuma, crepa”, della tirannide dell’avere sull’essere, del trionfo del clientelismo sul merito?
Il pensiero critico e la coscienza libera sono l’antidoto più incisivo contro il piano reazionario in atto da tempo e che risponde all’esigenza di Berlusconi di salvarsi dai procedimenti giudiziari, a costo di sacrificare la salute democratica del Paese, trascinandolo in una conflittualità istituzionale senza precedenti. Una conflittualità che vuole ridurre il Parlamento a ratificatore passivo dei suoi provvedimenti ad personam e gli organi di garanzia costituzionale a silenziosi osservatori.
Non casualmente, l’Ocse evidenzia che l’Italia è tra le nazioni che investe meno nell’istruzione pubblica: 4,5% del Pil contro la media del 5,7%.
Mentre 8 miliardi di euro sono stati tagliati in tre anni, insieme a 130 mila insegnanti e 45 mila tecnici ata.
Mentre 245 milioni di euro sono stati dirottati a favore delle scuole ed università private.
Per non parlare del tempo pieno falcidiato, della crescita del numero di alunni per classe, delle condizioni di sicurezza delle strutture e degli edifici.
Questa politica di distruzione scientifica della formazione statale risponde alle esigenze personali dell’imputato Berlusconi, che non si rassegna ad esser tale.
Per perseguirle, il presidente del Consiglio (imputato fuggitivo dalla legge) tenta la conquista culturale della società., cerca di drogare il consenso a suo favore, procede ad imporre una rivoluzione (involuzione) antropologica per mezzo delle sue tv e dei suoi giornali.
Siamo all’anno zero della democrazia ed il rischio per noi è altissimo. Per questo, la manifestazione indetta per il 12 marzo a difesa della Costituzione deve essere anche l’occasione perché la società civile scenda in piazza a protezione della scuola e dell’università pubbliche.
Queste “fucine del pensiero”, dove si formano le generazioni future, sono anche la culla della speranza per la democrazia che siamo e soprattutto che saremo. E per tale ragione, non piacciono ai tiranni.
Luigi de Magistris